BOLLA PAPALE DI PASQUALE II del 6 novembre 1103
Pasquale Vescovo servo dei servi di Dio dà al diletto figlio
prete il saluto e l'apostolica benedizione, Abbiamo osservato
la tua devozione, poichè hai offerto la chiesa di
Brugora al beato Pietro ed alla sua Roma Chiesa, e noi così
ricevendola, abbiamo stabilito in primo luogo che rimanesse
libera completamente da ogni peso e ogni anno pagasse secondo
la moneta di Milano
12 soldi al Laterano. Abbiamo decretato che qualunque possessione
la stessa chiesa giustamente ora possiede o possiederà
in futuro per largizione del Signore sempre sicuramente
e completamente siano conservate, e religiosamente
serviranno per gli usi di quelli che servono il Signore.
Nessuno possa temerariamente perturbare la stessa chiesa
o portar via tutte le cose che le appartengono con qualsiasi
occasione. Ma se qualcuno, avendo conosciuto il contenuto
di questo decreto, tenterà di contravvenirlo, se
non ha soddisfatto ai moniti canonici della chiesa, sappia
che è degno di essere castigato dalla indignazione
dell'onnipotente Dio e del beato Pietro principe degli apostoli
e di essere ferito dalla spada acuta dello Spirito Santo.
Chiunque in verità avrà cercato di aiutare
la stessa chiesa e quelli che in essa servono Dio, e di
onorarli con le proprie sostanze, consegua la grazia di
Dio Onnipotente e dei suoi apostoli.
BOLLA PAPALE DI CALISTO II del 21
aprile 1120
Il vescovo CALISTO servo dei Semi di Dio. Alla diletta figlia
Beatrice abbadessa del monastero di S. Pietro di Brugora
ed a tutte quelle che dopo di lei nel medesimo governo succederanno
regolarmente, per sempre. Piamente la richiesta, per effetto
di volontà, deve essere perciò adempiuta.
Poichè dunque il tuo affetto rifugiandosi nella Sede
apostolica chiese con la dovuta devozione la sua protezione,
noi approvammo con clemenza la tua devozione e decretiamo
che il monastero del beato Pietro, a cui per volontà
di Dio sei a capo, secondo l'esempio del signor nostro predecessore
papa Pasquale di
buona memoria, rimanga completamente sciolto da ogni successivo
gravame di cose mortali e fortifichiamo tanto lo stesso
monastero quanto tutte le cose che gli sono attinenti con
il patrocinio della Sede apostolica. Abbiamo
stabilito anche che nessun uomo completamente possa temerariamente
perturbare il medesimo luogo; o per qualsivoglia occasione,
tutte le cose che ha potuto portar via, o diminuire o aggravare
con temerarie vessazioni; ma tutte le cose che ora possiede
secondo diritto, o in futuro, dandoglielo il Signore, potrà
acquistare secondo giustizia e canonicamente, sempre rimangano
sicure ed intere; serviranno per gli usi di quelli che lì
servono, nei servizi sacri. del Signore. Inoltre concediamo
che voi abbiate le " decime dei vostri frutti, che
voi raccogliete a vostro dispendio e fatica. fuori dall'obbedienza
dei vescovi e dei ministri vescovili. Ricevete le consacrazioni
degli altari della vostra chiesa. le benedizioni dell'abbadessa
e delle cose consacrate dall'arcivescovo di Milano, se pure
sarà cattolico, e se avrà voluto prestare
quelle funzioni gratis e senza aggravi; altrimenti vi sia
lecito andare da un sommo sacerdote cattolico, che avrete
preferito, e prendere da lui i medesimi sacramenti. Ma per
questa libertà ottenuta dalla Chiesa Romana, dovete
pagare ogni anno al Laterano 12 soldi in monete milanesi.
Se dunque qualcuno, avendo conosciuto il contenuto di questo
decreto, temerariamente tenterà di andarvi contro,
cosa che non si può, vedrà in pericolo il
proprio onore e carica, o sia colpito con la pena della
scomunica, a meno che una degna soddisfazione componga la
propria presunzione. Chi in verità lo rispetterà,
ottenga la benedizione e le grazie dell'onnipotente Dio
e dei suoi apostoli Pietro e Paolo.
Io Calisto vescovo della chiesa cattolica ...
Scritto a Piacenza da Grisogone diacono e cardinale e bibliotecario
della Santa Romana Chiesa, XI Kalende di Maggio (21 aprile),
nella terza indizione, nell'anno della incarnazione del
Signore 1120, nel I1 anno del pontificato del Signore Papa
Calisto).
BOLLA PAPALE DI INNOCENZO II del 7 aprile 1139
Vescovo Innocenzo servo dei servi di Dio, alla diletta figlia Beatrice,
abbadessa di S. Pietro a Brugora ed a tutte quelle che dopo
di lei regolarmente saranno successe nella medesima carica,
per sempre. Convenne all'apostolica clemenza dare un facile
consenso ai religiosi desideri, affinchè risplenda
lodabilmente la sincerità della devozione, e l'utilità
richiesta senza dubbi
prenda forza. Per la qual cosa, o diletta figlia in Gesù
Cristo abbadessa Beatrice, sia per la tua devozione, sia
anche per la preghiera del carissimo nostro fratello Riboldo
arcivescovo di Milano, decretiamo che il monastero, a cui
per grazia di Dio sei a capo, secondo l'esempio dei nostri
predecessori, Pasquale di santa memoria e Calisto, pontefici
romani, completamente prima
di tutto rimanga libero dai pesi mortali e fortifichiamo
tanto lui quanto tutte le cose che gli sono attinenti col
patrocinio della Sede apostolica. Abbiamo stabilito anche
che qualunque possesso e qualunque bene il monastero possegga
ora secondo grazia e legittimità, o in futuro per
concessione dei pontefici, per elargizione dei re, o dei
principi, per oblazione dei fedeli o per altre giuste vie
sotto la protezione del Signore, potrà acquistare
rimanga sicuro ed intoccato a te ed ai tuoi successori per
sempre. Inoltre concediamo che voi teniate le decime dei
vostri frutti, che raccogliete a vostre spese e fatiche,
all'infuori della obbedienza dei vescovi o dei ministri
vescovili. Ricevete anche la consacrazione della vostra
chiesa o degli altari, la benedizione della Badessa e delle
cose consacrate dall'arcivescovo milanese, se pure sarà
cattolico e se vorrà prestare quelle cose gratis
e senza aggravamenti; altrimenti vi sia lecito andare da
un sommo sacerdote cattolico che preferite, e prendere da
lui i medesimi sacramenti. Decretiamo che pure la sepoltura
nel medesimo monastero sia libera completamente, come naturalmente
sia libera la sepoltura di quelli che delibereranno di essere
sepolti lì, per devozione ed estrema volontà;
a meno che non siano scomunicati, nessuno si opponga. Sia
pure lecito a voi, ogni qualvolta ci sarà bisogno,
per il
servizio di Dio e del vostro monastero, scegliere come cappellano
della parrocchia di Milano una persona onesta ed idonea,
e liberamente trattenerla nel medesimo luogo anche contro
la contraddizione di qualsivoglia. Ma come indice di questa
libertà ottenuta dalla chiesa romana, ogni anno date
al Laterano 12 soldi in monete milanesi. Se dunque in seguito
una qualche persona ecclesiastica o secolare, conoscendo
il contenuto di questa nostra concessione, e costituzione
tenterà temerariamente di andarvi contro, ammonito,
se non darà congrua giustificazione del proprio reato,
incorrerà nella indignazione dell'onnipotente Dio
e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo e sia sottomesso
alla scomunica. Ma a quelli che conservano inalterate quelle
cose che il monastero ha, finchè ricevano il frutto
il premio dell'eterna sia con loro la pace del Signore nostro
Gesù Cristo, finchè ricevano il frutto della
buona azione e trovino presso il severo giudice pace. Così
sia.
Seguono le firme.
Scritto per mano di Imerico diacono e cardinale della santa
romana chiesa e cancelliere, VI1 idi di febbraio, II indizione,
dell'anno dell'incarnazione del Signore 1139, sotto il pontificato
del Papa Innocenza II anno 9°
BOLLA
PAPALE DI ALESSANDRO III del 28 giugno 1180
Alessandro
vescovo servo dei servi di Dio. Alle dilette figlie in Cristo
Margherita Abbadessa del monastero dei SS. Pietro di Brugora
ed alle sue sorelle che tanto ora quanto in futuro hanno
per sempre professato le regole di vita. Alle vergini prudenti,
che sotto abito religioso con lampade accese attraverso
ad opere di pietà continuamente si preparano ad andare
incontro
allo sposo, la sede apostolica deve porgere aiuto, perchè
per caso il concorso di una qualsiasi temerarietà
o non le richiami dal proposito o non le forza, poichè
s'oppone, rompa la sacra religione. Per le quali cose, o
dilette figlie in Cristo, liberamente abbiamo acconsentito
alle vostre giuste richieste ed abbiamo preso il vostro
monastero di Pietro di Brugora, nè,
quale voi siete rilegate per ossequio divino, ciò
che secondo il diritto e la proprietà della Romana
chiesa si sa che gli appartiene, secondo felice ricordo
dei nostri predecessori Pasquale, Calisto e Innocenza, pontefici
ro.
mani, sotto la protezione del beato Pietro e di noi, e lo
comunichiamo con il privilegio del presente scritto. Stabilendo
che qualunque possesso e qualunque bene il medesimo monastero
ora seindi giustizia e canonicamente
possiede o in futuro per concessione dei pontefici, per
elargizione dei re e dei principi per offerta dei fedeli
o con altri giusti modi, per permesso del Signore, potrà
acquistare, rimandano a voi ed a quelli che vi succederanno
sicuri ed intoccati. E pure nessuno presuma di chiedervi
le decime delle vostre messi, che coltivate con le vostre
mani o spese, così dei nutrimenti dei vostri animali.
Riceverete invero i crismi, l'olio santo, le consacrazioni
degli altari
e delle basiliche, la benedizione dell'abbadessa e delle
cose sacre dall'arcivescovo di Milano, purchè sia
cattolico ed abbia avuto la grazia e la partecipazione con
la Sede apostolica, e dovrà offrirvi quegli uffici
gratis e senza alcun
gravame. Altrimenti vi sia lecito andare da un sommo sacerdote,
quello che scieglierete, che con la vostra autorità
acconsentirà a quello che è richiesto. Vi
sia anche lecito, ogni qual volta vi sarà bisogno,
sciegliere dalla parrocchia
di Milano per il servizio di Dio e del vostro monastero
una persona onesta ed adatte come cappellano e trattenerlo
nel monastero senza curarsi della contraddizione di qualsivoglia.
Pure, poiché dobbiamo provvedere con una certa
benignità alle donne dedicate al Signore per la debolezza
del loro sesso, acconsentiamo a voi secondo l'autorità
apostolica, affinchè la vostra abbadessa non sia
costretta a dare a qualcuno l'opera di obbedienza. Inoltre
decretiamo che
la sepoltura nel monastero sia libera, affinchè nessuno
s'opponga alla devozione ed all'estrema volontà di
quelli che abbiano deliberato di venirvi seppelliti, a meno
che non siano scomunicati od interdetti. Dunque abbiamo
decretato che a nessuno degli uomini sia lecito temerariamente
perturbare il predetto monastero o portar via i suoi possedimenti
e
trattenerli, diminuirli o aggravarli con qualsiasi vessazione,
ma tutte le cose vengano conservate integre, sono concesse
alle suore per il loro sostentamento, gioveranno per qualsiasi
uso salva l'autorità della Sede apostolica. Ma per
indicazione
di questa libertà ottenuta dalla chiesa Romana, ogni
anno dovete pagare al Laterano 12 soldi di monete di Milano.
Così sia.
(Seguono le firme)
Scritto a Tuscolo per mano di Alberto prete, cardinale e
cancelliere di
Santa Romana Chiesa, IV Kalende di luglio (28 giugno); XIII
indizione, nell'anno
della incarnazione del Signore 1180, nel pontificato del
Papa Alessandro
terzo anno XXI.
BOLLA PAPALE DI PIO II 3 aprile
1464
PIO
servo dei servi di Dio saluta e porge apostolica benedizione
al venerando fratello Giacomo Antonio vescovo parmense nella
città di Milano. Agli umili voti posti per quei monasteri
subito e volentieri accordiamo che qualsivoglia
persona viva sia esentata da pesi e difficoltà insoliti
affinchè possa più facilmente porgere a Dio
i voti, e aggiungiamo a ciò opportuni favori. La
petizione a noi presentata poco tempo fa da parte della
figlia diletta in Cristo Stefanina Abbadessa del convento
di San Pietro di Brugora dell'ordine di San Benedetto, della
diocesi di Milano, si riferiva ad Enrico di buona memoria,
cardinale di San Clemente, già capo della chiesa
di Milano per concessione ed ordine papale, legato della
sede apostolica, che aveva confermato, con l'autorità
del proprio incarico, l'elezione a badessa del predetto
monastero
della detta Stefanina in quel tempo provvisoriamente dimessa
dalla carica di Badessa; conferma celebrata nel medesimo
convento secondo le regole. I1 medesimo cardinale che aveva
messo a capo del medesimo monastero la stessa Stefanina
aveva concesso che il detto figlio Alberto da Casate, che
si occupava della amministrazione dei fondi del monastero
come patrono ed aiutante, venisse pagato un assegno annuo
di 20 fiorini d'oro di Camera sui frutti, redditi e proventi
del monastero; pagamento che doveva essere fatto per tutta
la vita dall'abbadessa e dal convento ogni anno; come stabilito
in certe lettere del detto cardinale. Ma, come aggiungeva
la medesima supplica del detto monastero nel quale vivono
al presente l'abbadessa e le altre monache professe, novizie
e converse, sono oggi scarsi ed insufficienti i frutti.
redditi e proventi annui del monastero, di soli 60 fiorini
d'oro di camera secondo la comune stima non fuori misura;
dato il numero di persone da sostentare, il dover pagare
anche la stessa pensione, costituita da una causa giusta
ed assegnata,
riesce di grande dispendio delle suore e del monastero;
ma sia egualmente pagata ogni anno fino a questo punto.
In favore degli stessi abbadessa e convento, i quali affermano
che non possono pagare la pensione per il rimanente tempo
senza peso ed incomodo, ci fu presentata supplica affinché
provveda opportunamente con "aiuto della
benignità apostolica. Noi dunque ben inclinati dalle
suppliche della tua comunità, per mezzo di scritti
apostolici comandiamo che, riguardo a quanto sopra esposto
e dopo aver sentito il detto Alberto e gli altri che occorrerà,
la pensione sia revocata
ed annullata; decretiamo con la nostra autorità che
l'abbadessa ed il convento non sono ulteriormente tenuti
a pagarla. Quelli che contraddiranno, fatto poco conto della
richiesta. devono essere trattenuti per mezzo di una censura
ecclesiastica, non facendo impedimento le cose dette sopra,
le costituzioni ed ordinazioni apostoliche a qualunque cosa
contraria. Ma se il detto Alberto, o qualunque altro, si
opponesse sia perdonato, poichè non possono essere
interdetti, sospesi o scomunicati per mezzo di lettere apostoliche,
non facendo menzione piena ed espressa, parola per parola,
del perdono.
BOLLA
PAPALE DI PIO II del 20 novembre 1467
Paolo
Vescovo servo dei servi di Dio. Salute ed apostolica benedizione
al venerabile fratello vescovo parmense. Ordiniamo a tutti
i fedeli sia osservato il tenore di una certa costituzione
edita da noi nel giorno 20 settembre dell'anno dell'incarnazione
del Signore 1464, pubblicata su preghiera delle dilette
figlie in Cristo abbadessa Stefanina e monastero di San
Pietro di Brugora dell'ordine di San Benedetto della diocesi
di Milano; abbiamo fatto notare ai presenti che richiedevano
quelle cose che dovevano essere fatte per la conservazione
ed esecuzione dei propri diritti contenuti in certe lettere
apostoliche che hanno bisogno di approvazione. Volendo e
dando ordini per mezzo di apostolici scritti sino a qual
punto tu debba usare del contenuto e secondo questo tu debba
procedere alla esecuzione di detto contenuto delle lettere.
Parimenti il predetto signore provveda affinchè si
ridia completo valore alle lettere di grazia e giustizia
concesse dallo stesso Pio predecessore morto prematuramente;
lettere non presentate a tempo debito, nello stato primitivo
come veramente erano prima, ai loro esecutori e a quelli
per i quali erano state ottenute; lettere che furono restituite
e fu decretato che si possa e debba procedere alla loro
esecuzione per mezzo dei predetti esecutori o di delegati
qualora nei predetti tempi l'esecuzione fosse stata incominciata.
Roma San Marco anno dell'incarnazione del Signore 1467,
20 novembre.
Nell'anno quarto del nostro pontificato.
BOLLA
PAPALE DI INNOCENZO VIII del 7 marzo 1488
Innocenzo
Vescovo servo dei servi di Dio. Salute ed apostolica benedizione
ai diletti figli messi a capo di S. Trinità fuori
delle mura di Milano ed alla chiesa di S. Stefano di Appiano
della diocesi di Milano. La diletta in Cristo figlia Abbadessa
ed il monastero di San Pietro di Brugora, dell'ordine di
San Benedetto della diocesi di Milano dimostrò che
il detto monastero con tutti i suoi luoghi e persone era
del tutto esente da ogni giurisdizione, superiorità
e dominio di qualsiasi arcivescovo, vescovo o di altri giudici
ordinarim per mezzo di uno speciale privilegio della Sede
Apostolica e sottomesso alla stessa sede apostolica; così
pure non sia possibile ad alcuno di intervenire :se si compie
delitto o contratto o altra cosa, ovunque sia commesso,
anche se giovi il delitto, il contratto o altra cosa. Gli
arcivescovi, i vescovi e gli altri giudici predetti non
possono esercitare con l'ordinaria autorità, atti
di giurisdizione o di qualche potere sul predetto monastero
che fu sempre in possesso dell'esenzione e della libertà
dal tempo della concessione del predetto privilegio. Tuttavia
Giovanni Battista de Ferri, allora vicario e ora anche arcivescovo
di Milano, annuì e comandò all'abbadessa ed
al convento di non procedere alla elezione di una abbadessa,
quando venisse a mancare quella eletta. senza sua licenza,
sotto la comminazione di una pena di larga applicazione.
L'abbadessa ed il convento comprendendo di essere aggrate
da questa inibizione e comando, si appellarono alla predetta
sede, e poichè Martino di Cazago canonico milanese
vicario della chiesa milanese, essendo allora la chiesa
di Milano lasciata senza pastore, deputato per mezzo del
capitolo della stessa chiesa, chiese all'abbadessa ed al
convento notizie intorno all'appello apostolico, e il certo
e espresso termine da compuarsi dal giorno della mancanza
dell'abbadessa per trattare della stessa elezione, proibì
che l'elezione fosse fatta da loro. Si appellarono infine
l'abbadessa e le monache alla stessa Sede, ma il predetto
Martino vicario non ignorava quest'ultimo appello, e pendente
l'appello
stesso disprezzò l'abbadessa e il monastero trasmettendo
loro un certo altro mandato espresso come il precedente
e cercò temerariamente di corromperli; la stessa
abbadessa e convento si videro perciò indebitamente
aggravate
e si appellarono una seconda volta alla Santa Sede. Perciò,
riguardo alla vostra discrezione, per mezzo di scritti apostolici,
chiamati quelli che devono essere chiamati e ascoltati i
racconti, decretate ciò che sarà riscontrato
giusto, e ciò che decreterete per mezzo della censura
ecclesiastica dovrà essere fermamente osservato.
I testimoni che furono nominati,
e si siano sottratti per gratitudine, odio o timore, cessando
l'interrogazione siano spinti ad offrire testimonianza di
verità. Se ambedue non potrete interessarvi di queste
cose, nulladimeno uno di voi le esegua.
Roma S. Pietro nell'anno dell'incarnazione del Signore 1488-7
marzo, nell'anno I del nostro pontificato.
BOLLA PAPALE DI INNOCENZO VIII del 28 novembre 1488
Innocenzo servo dei servi di Dio. A perpetua memoria della cosa affinchètra
le amatrici della eterna beatitudine le quali. assumendo
l'abito della sacra vita religiosa, anzichè a figli
degli uomini si sposarono con voto celeste a colui che è
più bello e a lui come le vergini prudenti si preparano
ad andare incontro con le lampade accese; fra di loro dunque
crescano con
abbondanza i fiori dell'amore, dell'onestà e della
serenità. Consideriamo la richiesta con maggiore
amore per la carità e concediamo la grazia di essere
esaudite cosicchè, respinte le trattative del mondo,
per sottomettersi alla osservanza della loro regola e per
poter meglio sottomettersi all'ossequio di Dio, e stabilire
anche quelle cose che abbiamo visto riuscire
salutari alla loro santità, e si studino di portare
a termine nel nome del Signore. Naturalmente per parte della
diletta figlia in Cristo, della badessa Stefanina e del
convento e monastero di S. Pietro di Brugora dell'ordine
di San Benedetto, diocesi di Milano, chiesa romana immediatamente
soggetta a noi, fu avanzata richiesta che diceva che benchè
esse stesse servano l'altissimo nel medesimo monastero con
odore di buona fama, tuttavia per ottenere un frutto di
vita migliore e per poter più sinceramente e più
quietamente rendere all'altissimo i loro voti, con grande
desiderio chiedono che sia introdotta
nel monastero l'osservanza di un nuovo ordine e questo venga
istituito come lo fu negli altri monasteri riformati di
monache del medesimo ordine di quelle parti. Per la qual
cosa per parte della badessa Stefanina e del convento fu
fatto
presente che Enrico di San Clemente, cardinale che allora
per concessione apostolica presiedeva alla chiesa milanese
ed era legato della sede apostolica in quelle parti, ordinò
alla medesima badessa e convento che non ricevessero
nè ammettessero da allora in poi nel medesimo monastero
alcuna professa nè novizia senza uno speciale permesso
della sede apostolica. Si supplicò umilmente che
si degnassero di stabilire et ordinare che la badessa e
le monache
del medesimo monastero di ora e di sempre debbano vivere
e siano tenute, sotto la regolare osservanza del detto ordine
e che lo stesso monastero sia retto e governato solo per
mezzo della badessa triennale e di decretare che le
accettazioni di monache e le ammissioni della professione
loro, fatte per mezzo della detta Stefanina siano state
e siano valide, e di prendere gli altri opportuni provvedimenti
con benignità apostolica. Quindi noi che desideriamo
intensamente un avvento della pietà religiosa, supplichiamo
con questa disposizione d'animo che d'ora e in tutti i tempi
futuri la badessa e le monache del predetto monastero. presenti
e future, possano accogliere nuove monache sotto regolare
osservanza del detto
ordine e tenerle come le altre monache dei monasteri riformati
dello stesso ordine. Lo stesso monastero, per mezzo dell'abbadessa
solo triennale, che deve essere concordemente scelta per
mezzo del convento o per maggior parte
di esso, così eletta e senza altre conferme del monastero,
nelle cose spirituali e temporali regga e governi e riceva
le fanciulle fuggite dal mondo come monache del monastero
C dia a loro l'abito regolare. Decretiamo che le accettazioni
di monache e le ammissioni nella loro professione, fatte
finora per opera della detta Stefanina, ebbero ed hanno
valore con piena autorità. Non essendovi contrarietà
alcuna nella predetta proibizione, nelle costituzioni e
nelle ordinazioni apostoliche e nemmeno nel giuramento dell'ordine
e monastero predetti, la conferma apostolica è fortificata
dagli statuti, consuetudini e da tutti gli altri contratti.
A nessun uomo, pertanto sia lecito infrangere questa pagina
del nostro statuto dell'ordinazione e della costituzione
oppure osi temerariamente contraddirla. Se quindi qualcuno
presumerà di tentare l'indignazione di Dio onnipotente
e dei beati apostoli Pietro e Paolo, sappia in cosa incorrerà.
Dato a Roma presso San Pietro nell’anno 1488 dell'incarnazione
del Signore
28 novembre V anno del pontificato nostro.
BOLLA
PAPALE DI INNOCENZO VIII del 17 dicembre 1491
Innocenzo
servo dei servi di Dio. Per un perpetuo ricordo della cosa
la solita benevolenza della Sede Apostolica, per mezzo dei
pontefici romani e di altri, volentieri approva per il rafforzamento
e lo aumento della religione, che soprattutto le persone
di esso femminile vivano sotto il giogo della religione
in pace e quiete nella clausura provvisoriamente fatta e
concessa; aggiunge la forza della difesa apostolica ed ammette
quelle cose che riguardano la salvezza delle anime stesse.
La richiesta a ragione presentataci di recente da parte
delle dilette figlie in Cristo Abbadessa Beltrami e monache
del monastero di San Pietro di Brugora della pieve di Agliate,
dell'ordine di San Benedetto, della diocesi di Milano,
conteneva che Eriberti chierico in S. Pietro di Brugora,
avendo donato 288 anni or sono la chiesa dei SS. Pietro
e Paolo costruita per mezzo del medesimo Eriberto con l'aiuto
del padre e della madre e dei fratelli, con molti
beni censi e redditi, per una sua sorella monaca figlia
di Giovanni fratello di Eriberti che con molte altre monache
servivano Dio presso la chiesa ed il monastero secondo la
regola del beato Benedetto; ed avendo poi concesso
i pontefici romani predecessori di quello odierno, Pasquale,
Calisto 11, Innocenzo I1 e Alessandro, diversi privilegi
grazie esenzioni ed indulti al detto monastero; per mezzo
dei quali il monastero, l’Abbadessa, le monache e
i
beni del luogo erano stati esentati dalla soggezione a qualsiasi
autorità e
sottoposti alla diretta protezione di S. Pietro della sede
apostolica e della Chiesa Romana; quanto sopra essendo stato
ordinato dai Papi nostri predecessori, da parte dell'abbadessa
e delle monache fummo umilmente supplicati
affinchè ci degnassimo di aggiungere la forza della
approvazione apostolica, dopo i privilegi grazie ed immunità
ed esenzioni concerni, alla impresa e allo statuto dell'ordinamento
e ad altre cose oltre alle dette. Noi dunque, che desideriamo
vivamente che i monasteri gli altri pii luoghi e le persone
servano in quiete sotto l'altissimo soave giogo della contemplazione
per la salvezza delle anime; inclinati a tali suppliche,
confermiamo la devozione le grazie l'immunità l'esenzione
l'impresa lo statuto e l'ordinamento sino al punto in cui
sono in uso secondo il diritto e come concessi al monastero
dall'autorità apostolica, e approviamo e decretiamo
che ottenga la forza di una perpetua conferma; di questa
donazione eliminiamo
i difetti in particolare e in generale, se ve ne furono,
affinchè l'abbadessa
e le monache che sono nel monastero o vi entreranno possano
attendere più tranquillamente e liberamente ai voleri
divini e provvedere alla salute delle proprie anime, possano
sciegliere un buon prete anziano di coscienza
timorata di buona mente e fama, secolare o di qualche ordine,
come guida consigliere e padre spirituale del monastero
con il consenso della presente Abbessa e possano secondo
il loro piacere allontanarlo. Chi ascolta le
confessioni di coloro che sono Abbadessa e monache nel monastero
o di quelle persone che stanno nel recinto dello stesso
monastero, di ambedue i sessi, e amministra tutti gli altri
sacramenti ecclesiastici; possa elargire con la nostra autorità
l'assoluzione plenaria nella fede sincera ed in unione alla
Santa Chiesa Romana e nell'obbedienza di noi successori,
agli eccessi commessi da loro e ai delitti anche se riservati
alla Sede Apostolica ed alla censura; dei
quali i peccatori addolorati si siano confessati a voce
una volta nella vita o nel momento della morte; e possa
mutare in altre opere di pietà qualunque voto ammesso
conseguano le medesime indulgenze perfettamente e per tutto
il tempo futuro anche Abbadessa e monache e persone di ambedue
i sessi viventi nei confini del monastero qualora abbiano
recitato salmi penitenziali con litanie fino a cento, le
altre orazioni domenicali ogni giorno, con le salutasioni
angeliche, in ginocchio devotamente davanti all'altare del
monastero,
nel quattordicesimo giorno dal quale fecero ciò,
o se compissero altre cose
ordinate dalla Sede Apostolica. Concediamo che l'odierna
abbadessa e le future di questo monastero con
le monache ammalate e deboli sotto il calore soffocante
possano liberamente e lecitamente dispensare dalle cerimonie
con digiuni ed altre cose che non siano dell'essenza regolare
del monastero e dell'ordine, quante volte sembrerà
opportuno, della qual cosa mettiamo il carico sulle loro
coscienze. Non abbiamo voluto che il medesimo confessore
comandi all'abbadessa
e alle monache, a quei servi e a quelle persone che vivono
nel recinto del
monastero di dare soddisfazione su quelle cose sulle quali
egli stesso o gli altri pensino che debbano essere fatte.
E se a causa di tale grazia l'abbadessa o le altre persone
predette fossero spinte a compiere per il futuro cose
illecite, per le dette cose non esista alcuna remissione.
Nulladimeno affidiamo a tutti i patriarchi, arcivescovi,
alle persone costituite in autorità ecclesiastica
ed ai canonici delle chiese e cattedrali che vivono, ai
quali l'abbadessa e le predette monache ricorressero per
reprimere i contradditori di farlo loro stessi o con l'aiuto
di altri presentando appello
anche alla nostra autorità e chiamando in aiuto il
braccio secolare se ci sarà bisogno, affinchè
l'abbadessa e le monache e i loro servi e le persone che
vivono nel recinto del monastero godano un pacifico possesso
a conferma ed
approvazione dei privilegi esenzioni immunità indulto
indulgenze quiete e tutte le altre cose promesse; non permettano
che per mezzo di chiunque, anche risplendente di una patriarcale
od arcivescovile o vescovile dignità,
siano in qualsiasi occasione impedite o in qualsivoglia
modo molestate l'abbadessa e le persone predette.
Non ponendo ostacolo Bonifacio ottavo nostro predecessore,
da ciò soprattutto
ci si guardi: che nessuno fuori della propria città
o diocesi, se non in certi casi eccezionali e di quelli
al di là del confine della propria diocesi, sia chiamato
a giudizio; o che i giudici incaricati della sede apostolica
non presumano di poter procedere contro qualsiasi persona
fuori della città o diocesi; o che altri non presumano
di poter dare il cambio ad altri; e che sui
detti due editti nel consiglio generale e sulle altre costituzioni
e ordinazioni apostoliche da parte della stessa sede sia
stato perdonato perchè non possono essere interdetti,
sospesi o scomunicati per mezzo di lettere apostoliche non
facendo un pieno ed espresso ricordo di tale indulto parola
per parola. Dunque a nessuno sia permesso infrangere questa
pagina della nostra conferma decreto indulto volontà
e mandato o andare temerariamente contro di essa. Se qualcuno
presumerà di tentare ciò pensi che incorrerà
nella indignazionedell'onnipotente Dio e dei beati apostoli
Pietro e Paolo.
Roma, San Pietro, nell'anno dell'incarnazione del Signore
1491, dicembre
17 nell'anno ottavo del nostro pontificato).
BOLLA
PAPALE DI GIULIO III del 4 novembre 1553
Alle
dilette figlie salute ed apostolica benedizione. Le dilette
figlie in Cristo, badessa e monache, e le persone del monastero
dell'ordine Milanese di Cristo signor nostro, ci fecero
presente che i frutti, i redditi e i guadagni del detto
monastero sono cosi magri ed esigui, che non riescono ad
avere sufficienti risorse per il loro mantenimento e il
vestito e per le altre cose utili
al loro monastero, ed infine per sostenere i pesi del padrone
che su di loro incombono; e, come aggiungeva la medesima
annotazione, se non saranno esentati dagli esattori delle
decime che sono superiori ai frutti, alle rendite e ai proventi
dei monasteri e delle chiese, e dei benefici ecclesiastici
rispetto al gravare dei pesi, verso la Santa Chiesa Romana,
imposti a seconda del tempo da quelli ai quali spetta, tenendo
presente la povertà di questa medesima abbadessa
e delle monache e delle persone delle quali, come abbiamo
saputo, ciascuna deve più di sette ducati d'oro alla
Camera, e l'abbadessa,
come ministra, il doppio, ogni anno in rapporto con la sua
porzione, e se le stesse (monache e badessa) non saranno
sciolte dal pagamento delle decime e delle imposizioni.
immediatamente costoro saranno costrette ad
abbandonare il monastero ed a recarsi alla casa dei genitori
e dei parenti loro ed a cercare altrove vitto e vestito,
con gravissimo disonore ed obbrobrio della religione e con
scandalo dei fedeli e pericolo di tutte loro. " Noi.
poichè
da parte delle sopraddette badessa e monache e persone ci
fu presentata umile supplica affinchè ci degnassimo
di provvedere in modo opportuno, con apostolica benignità
a questa necessità ed alle altre cose sopraddette;
noi dunque
presi da compassione per la povertà di queste monache
R badessa e persone,
e volendo concedere favori spirituali e grazie, e resi favorevoli
da queste premesse, noi per mezzo della presente affidiamo
e comandiamo che-se è cosi, questa badessa e monache
e persone, voi per nostra autorità esentiate
e liberiate da tutte e singole le decime di questo genere,,
che tuttavia furono un tempo imposte da noi e dai nostri
predecessori pontefici romani, e che dovrebbero essere imposte
nel tempo futuro da noi e dai nostri successori, e
da loro non esigiate alcuna decima: che anzi se questo monastero
si trova segnato nel libro dei pagamenti e dei contributi,
voi da qui in poi per questo fatto lo dobbiate cancellare
e lo stesso monastero segnate come esentato. Infatti abbiamo
decretato che da qui in poi non abbia più valore
tutto ciò che sopra questo monastero e suore sia
stato stabilito di proposito o con ignoranza da qualche
autorità, non essendoci alcun diritto in contrario
a queste costituzioni ed ordinazioni e lettere apostoliche
riguardanti l'imposizione di queste decime.
BOLLA
DEL PAPA SISTO V del 23 dicembre 1598
In
seguito alle istanze delle badesse e monache dei monasteri
di Lambrugo, Brugora, Cremella e Bernaga, contro il trasferimento
dei monasteri entro la città di Milano, Papa Sisto
V delegò Orazio Burghesio, protonotario
apostolico nonchè giudice ordinario, a giudicare
la vertenza. Questi, esaminati i documenti presentati, fece
citare le parti fissando un termine perentorio. Per i predetti
monasteri comparve Giuseppe Battista Nava, milanese,
il quale presentò la citazione ricevuta, chiese che
venisse dichiarata la contumacia della parte avversa e fosse
tramutata in istrumento pubblico la lettera apostolica notificata
ed avesse forza di un decreto. I1 giudice Orazio Burghesio
esaminò la lettera apostolica e dispose quanto richiesto
a mezzo del notaio della curia apostolica Maurizio Boccarino.
Nell'atto
pubblico fu trascritta la lettera apostolica che era stata
comunicata alle parti. La lettera ha il seguente tenore:
Al venerabile fratello arcivescovo di Milano, Papa Sisto
V, venerabile fratello, porge il suo saluto ed apostolica
benedizione. E' stato santamente comandato per mezzo del
capitolo V. sessione XXV del concilio di Trento, che i vescovi
facessero ritornare le monache
poste nei monasteri fuori delle mura della città
o della fortezza. ai monasteri nuovi o vecchi più
frequenti entro le mura delle città o fortezze. Secondo
l'ordine del Papa Gregorio XIII, nostro predecessore, doveva
essere
fatto eseguire dal cardinale di. Milano, per concessione
apostolica presule nei quattro monasteri di monache, dell'ordine
di San Benedetto, di Lambrugo, di Brugora, di Cremella e
di Bernaga, del Monte di Brianza.
I cardinali di santa romana chiesa delegati per l'interpretazione
dei
decreti di detto concilio, ascoltate le parti e discusse
le loro richieste, dichiararono che i predetti quattro monasteri
non fossero affatto esclusi dal citato V capitolo. In seguito
non fu fatto altro e il Papa nostro predecessore confermò
con un breve apostolico l'interpretazione dei predetti cardinali.
(Nota: Papa Gregorio XIII con la bolla 12 dicembre 1580
aveva concesso ai quattro monasteri di rimanere dov'erano).
I1 cardinale Maffeo Maffei, di buona memoria
,secondo l'ordine del papa nostro predecessore, emise allora
una lettera con la disposizione che nei medesimi monasteri
non fossero ammesse alla vestizione novizie fino a quando
non fosse dato ordine contrario.
Le monache dei detti monasteri, a mezzo dei loro procuratori,
fecero ricorso presso di noi per la revocazione per mezzo
nostro della lettera suddetta. La questione fu passata al
cardinale di santa romana Chiesa, i quali affidarono
le ricerche all'arciprete Camillo Aulario della chiesa di
san Giovanni di Monza. I1 commissario riferì con
una diligente relazione, e fece fare una pianta di questo
Monte e uno stato dei monasteri, dei luoghi, città
e terre
vicine ai detti monasteri non compresi nel V capitolo, e
parve bene loro che i monasteri non dovessero essere rimossi
dai luoghi nei quali si trovano da seicento anni piamente
fondati e costruiti. Per la qual cosa noi, su consiglio
dei predetti cardinali, abbiamo stabilito la medesima cosa,
e per mezzo della presente affidiamo alla tua fraternità
e ordiniamo che tu permetta che nei quattro monasteri vengano
accolte ed ammesse alla vestizione le novizie come già
potevano fare prima della sopraddetta proibizione; osservate
le solite richieste e necessarie licenze, non
opponendosi proibizione di sorta che noi per mezzo della
presente aboliamo e revochiamo, e nonostante neppure le
costituzioni e ordinazioni apostoliche
e qualsiasi altra che sia contraria. Dato a Roma, presso
san Pietro, con anello pescatorio, il giorno 23 dicembre
1588,
anno IV del nostro pontificato Compiute tutte le formalità
concedemmo la nostra autorità, come la concediamo
alla presente lettera; e comandammo che il presente atto
fosse compiuto nella fiducia di tutti, che venisse sottoscritto
dal notaio Maurizio Boccarino e munito del sigillo della
camera apostolica del quale ci serviamo per simili atti.
Dato a Roma, nel nostro palazzo, nell'anno 1599 della natività
di nostro Signore, I1 indizione, giorno 14 di aprile, nel
IV del sommo pontificato del Padre in Cristo Signor nostro
Sisto per divina provvidenza V.
Ovidio Erasmo, e Giovanni Giacomo de Fabi, notai dtila curia,
come
testimoni.
Maurizio Boccarino, notaio delle cause della curia apostolica |